La Galleria Gallerati ospita la mostra personale di Orith Youdovich e, nel percorso di lettura delle fotografie, dieci fotografie in bianco e nero di buona fattura, ci guida Chiara Micol Schiona partendo dai tre punti fondamentali presenti nel titolo.

Frammento luogo memoria: 1- frammenti di edifici. 2 – luoghi che sono lasciati indefiniti per dare spazio alla individualità. 3 – la figura umana che si unisce e si inserisce con il luogo che, se da una parte si rende partecipe e protagonista del discorso, allo stesso tempo pone davanti agli occhi dello spettatore una finestra nel mondo, la sua memoria.

In questa concordanza di vissuto e di presente, di essere e di apparenze, di ripetizioni e di unicità c’è il fascino della condizione della fotografia e del suo linguaggio che può comprendere solo chi è in grado di penetrare tra gli esiti stilistici e formali, tra i diversi scatti dell’atto fotografico e seguirne il percorso che si ordina in una traccia di una narratività senza narrazione: non c’è un inizio e non c’è una fine. Si consolida così l’idea della fotografia come luogo di un istante, la frattura di un attimo che consuma la luce per dare certezza all’incertezza , per assorbire dentro sé tutto il reale.

Nella scelta di queste immagini esposte, esiste una concezione ben determinata dell’atto creativo che Youdovich  conferma, ancora una volta nel suo lavoro, perché “dirige sempre il proprio sguardo nel continuo processo di analisi del rapporto tra sguardo soggettivo e paesaggio”.

Per questa sua scelta stilistica, mi rimanda ad alcune righe lette nei Diari di Etty Hillesum quando un venerdì sera alle sette e mezza scrive:

[…] Io detesto gli accumuli di parole. Infondo ce ne vogliono poche per dire quelle quattro cose che contano veramente nella vita […] mi piacerebbe dipingere poche parole su uno sfondo muto.

Infine il valore della memoria che si sa è prezioso, sempre.

In questo nostro tempo, che pare sia sempre senza memoria, ad ogni ritorno, anche se solo accennato, dovremmo trovare il coraggio di indagare a fondo per cercare di riempire la vita che si sta svuotando e mantenere aperto uno spiraglio per abbattere l’Oscurità.

© Maristella Campolunghi. Officina delle immagini, 2012