Samuele BIANCHI, Paola BINANTE, Alfredo COVINO, Pietro D’AGOSTINO e Orith YOUDOVICH si sono mossi all’interno di un ampio territorio guidati in special modo dall’intuizione, dall’anarchia dello sguardo, dalla sensibilità interiore individuale, dall’eros irrazionale della percezione, da una libertà espressiva più filosofica che ideologica e hanno abolito la distanza tra artista e paesaggio, divenendo loro stessi elementi degli spazi che attraversavano. La loro presenza nelle immagini, però, si è manifestata non con la loro apparizione corporea nell’inquadratura quanto piuttosto con l’attivazione di un “modo del vedere” che ha prodotto immagini del tutto (fortunatamente) soggettive. E in tal senso, hanno colto in pieno quanto affermato nel suo libro Il paesaggio – Una storia tra architettura e natura (Einaudi, 2005) da Maurizio Vitta: “Il paesaggio deve essere declinato al plurale, presentandolo come un ventaglio di possibilità, una gamma di sfumature infinite”.

Estratto dal testo critico La via che non c’è, ovvero l’estetica dell’intuizione in “La via che non c’è – Cinque fotografi erranti nell’Appennino bolognese” di Maurizio G. DE BONIS, curatore del libro e della mostra allestita a Bologna dal 9 al 30 novembre 2018.

CREDITI
Libro: La via che non c’è – Cinque fotografi erranti nell’Appennino bolognese
Autori: Samuele Bianchi, Paola Binante, Alfredo Covino, Pietro D’Agostino, Orith Youdovich
A cura di: Maurizio G. De Bonis / Punto di Svista – Cultura visuale, progetti, ricerca
Coordinamento del progetto: Paola Binante, Pietro D’Agostino
Pagine: 99 / Immagini: 50
Libro edito da: Assemblea legislativa Regione Emilia Romagna, Comune di Monzuno, Punto di Svista – Cultura visuale, progetti, ricerca / Anno: 2018