“Nella natura il gioco delle forme è preda di un’accidentalità sregolata e sfrenata, ogni forma manca per sé del concetto di se stessa”, sosteneva Hegel nella sua Filosofia della Natura. Tale pensiero, connesso fortemente all’idea parallela (sempre hegeliana) di natura come “enigma”, è presente con assoluta chiarezza nel lavoro di Orith Youdovich intitolato Aion.

Conformazioni inspiegabili, configurazioni cangianti, intrecci imprevedibili, ombre indecifrabili, riflessi improvvisi, linee anarchiche. Lo sguardo di Orith Youdovich coglie il gorgo impenetrabile del significante che governa le geometrie di una realtà sempre in movimento. Si tratta però di un “moto” senza direzione che annulla le coordinate dello spazio-tempo, nega il concetto di composizione e si pone fuori dal concetto borghese di arte. L’immagine, in tal senso, diviene l’eco di un presente che, esattamente come le forme della natura, manca sempre a se stesso e si comunica come istante atopico fortunatamente non decisivo.

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